La cultura al plurale come diritto e la convenzione del patrimonio immateriale come cantiere internazionale

Le politiche internazionali della cultura, del patrimonio, delle eredità intangibili sono strettamente legate all’istituzione dell’Unesco e all’introduzione, negli anni 2000, del paradigma della diversità culturale, che postula l’esistenza di diritti culturali. Tentando una sintesi dei testi  fondatori e delle tappe che hanno portato alla Convenzione del patrimonio immateriale del 2003, vi proponiamo la lettura della pubblicazione diffusa dall’Unesco ai partecipanti ai lavori della riunione di Abu Dhabi, nell’Ottobre del 2009, “Elaborazione di una Convenzione” , disponibile on-line nel “kit Patrimoine immatériel” del sito Unesco . Particolare attenzione merita, nel contesto europeo, la “Convenzione Faro del Consiglio d’Europa (2005)  “che inaugura la nozione di “comunità patrimoniale”, definita come “una comunità composta da persone che attribuiscono valore ad aspetti specifici del patrimonio culturale che desiderano, nel quadro di un’azione pubblica, mantenere e trasmettere alle generazioni future”.  Una nozione che prevede la condivisione di responsabilità tra poteri pubblici, settore privato, società civile e movimenti associativi.

Per un’analisi  del “patrimonio culturale secondo l’Unesco”, rimandiamo al volume del 2008, ed in particolare all’introduzione di Chiara Bortolotto “Il processo di definizione del concetto di patrimonio immateriale. Elementi di riflessione” (PDF).

L’evoluzione dei processi di riconoscimento finalizzati alla conoscenza e salvaguardia del “patrimonio immateriale”, può essere considerato da diversi punti di vista e prospettive.

  • La prospettiva teorica e filosofica, riflessa dal testo della “Convenzione del 2003”, che indicando i fondamenti di una rivoluzione interna al concetto stesso di patrimonio culturale, costituisce il riferimento comune di tutte le discussioni, le negoziazioni, i conflitti interni alle riunioni del “Comitato intergovernativo di salvaguardia del Patrimonio immateriale”, organo costituito da 18 Stati tra quelli, detti “Stati parte”, (24 quando gli Stati parte saranno 50) riuniti in Assemblea Generale, firmatari della Convenzione. Il Comitato, eletto dall’Assemblea ogni 4 anni “secondo criteri di ripartizione geografica e rotazione equa”, e costituito da “persone qualificate nei diversi ambiti del patrimonio immateriale” è incaricato di analizzare le domande di assistenza internazionale,  le domande di iscrizione di un elemento patrimoniale alle due liste istituite dall’Unesco: la Lista del patrimonio culturale immateriale che necessita salvaguardia urgente e la Lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’umanità, e di iscrizione nel registro delle “buone pratiche”. Il comitato ha anche il compito di proporre all’Assemblea Generale l’accreditamento di Organizzazioni Non Governative (ONG/NGO), “che possiedano competenze verificate nell’ambito del patrimonio culturale immateriale” , che svolgono “funzioni consultative” presso il Comitato. E stato recentemente istituito anche un “Organi consultativo”, con funzioni di consiglio al Comitato, di cui fanno parte ONG e esperti.
  • La prospettiva di una osservazione partecipata alle discussioni che accompagnano le analisi dei dossier di candidatura (consultabili sul sito dell’Unesco) e che rivelano il lato concreto dei processi  politici, sociali e culturali che stanno dietro le domande di iscrizione alle due liste, analizzando il rispetto dei criteri di iscrizione, l’interesse del patrimonio in questione, il contenuto del dossier, le carenze delle procedure, comprese le discussioni  sui possibili “effetti perversi” dell’iscrizione. Questa prospettiva è di particolare interesse per cogliere il carattere articolato e dinamico dei processi in corso, considerando che il ruolo degli esperti indipendenti, ascoltati in assemblea plenaria ad esprimersi sui dossier in questione, dà vita a numerosi dibattiti e conflitti che la Segreteria, appoggiata da un giurista mediatore, ha il compito di orchestrare e tentare di risolvere.
  • La prospettiva dei governi nazionali e degli strumenti di cui si sono dotate le politiche culturali nel processo di riconoscimento e salvaguardia del loro patrimonio immateriale. Dal 2003 infatti, ogni “paese parte”, firmatario della Convenzione, seguendo gli orientamenti delle politiche nazionali, ha lanciato strumenti specifichi di catalogazione per la costituzione di inventari del patrimonio immateriale. Rimandiamo, per un’analisi critica e comparativa sugli Inventari e le procedure di catalogazione del Patrimonio Immateriale, alla lettura del rapporto di Chiara Bortolotto, “Les inventaires di patrimoine culturel immatériel. L’enjeux de la “participation”(PDF) e gli strumenti ministeriali relativi alla scheda di catalogo denominata BDI (Beni Demo-etno-antropologici immateriali).
  • La prospettiva di una mappatura delle istituzioni o dei centri in collegamento diretto (relazioni ufficiali) con l’Unesco, e la conoscenza delle loro attività in collegamento con i servizi ministeriali dei diversi paesi.
  • Il punto di vista, infine, delle Associazioni non governative “accreditate Unesco”, ammesse ad assistere ai lavori delle sessioni di lavoro del Comitato Intergovernativo e dell’Assemblea Generale, si rivela di cruciale importanza per l’avvenire della Convenzione e delle politiche del Patrimonio Immateriale, che hanno posto la “partecipazione della comunità” e della società civile nelle sue dinamiche culturali vive, al centro della scena dei processi di patrimonializzazione. L’importanza di queste associazioni sembra destinata a crescere, anche considerando il fatto che queste possono proporre un dossier di candidatura, mobilizzare esperti, in dialogo con il proprio governo ma anche stabilendo rapporti diretti con l’istituzione Unesco, a Parigi.

Su domanda delle ONG presenti ad Abu Dhabi (2009), nelle conclusioni del lavoro è stato letto un testo redatto dalle associazioni presenti (10 minuti di parola in sessione plenaria), ed in risposta alla domanda di un rinforzamento del ruolo delle ONG, aperto uno spazio “Facebook NGO” sul sito dell’organizzazione . Un problema evocato da più parti come segno di squilibrio è l’assenza delle ONG africane ai lavori della Convenzione. Una delle sfide del futuro consisterà nel coinvolgimento e nella strutturazione di collaborazioni con l’Africa, “continente dell’oralità”. L’Italia, oggi paese d’immigrazione dall’Africa, geograficamente affacciato sul mediterraneo, potrebbe diventate un luogo strategico per dare impulso alla formazione nell’ambito dei processi di identificazione/ sensibilizzazione/salvaguardia del patrimonio culturale immateriale e del dialogo interculturale. Benché fortemente influenzata da un passato di patrimonializzazione dei beni storico/artistici, l’Italia ha un grande potenziale da far valere nell’ambito dei patrimoni immateriali. La possibilità di impatto delle ONG sulle politiche culturali dipenderà dalla loro capacità a strutturare la loro azione per essere presenti come interlocutori sia a livello nazionale che internazionale. In questo senso, nel caso dell’Italia, il fare parte di associazioni accreditate UNESCO, coinvolgendo gli attori delle “comunità patrimoniali” nel grande cantiere internazionale del Patrimonio Immateriale, costituisce  una importante occasione per le professioni delle scienze umane e sociali.  All’incontro 5COM di Nairobi, nel novembre del 2010, in risposta alla domanda espressa nel 2009, è stato organizzato un grande Forum delle Organizzazioni Non Governative, di cui diamo notizia attraverso la diffusione di due documenti.(Report_Forum Nairobi e Statement NGO2).

Ultimo aggiornamento: 01.03.11